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mercoledì 20 giugno 2012

Di Tuodì, fascisti e punizioni karmiche.


Alle volte penso - è un pensiero idiota, ne convengo - che la strada in salita che devo fare dal Tuodì a casa, stracarica di buste e bustarelle (perché con 30 euro, si sa, al Tuodì ci fai la spesa per due settimane) siano la punizione che il karma vuole infliggermi per le mie colpe.

Il Tuodì è il mio paese dei balocchi. Vivendo io fino a due mesi (scarsi) fa nei pressi di piazza Bologna, praticamente nel quartiere con meno supermercati di tutta Roma - è un fatto -, un discount che si affaccia sul cortile del mio palazzo era un sogno che si avverava. Ma non avevo fatto i conti con la strada privata a sdirrupo che ne costituisce l'ingresso (in discesa) e soprattutto l'uscita (in salita, ecchettelodicoaffare). Comunque io imperterrita continuo a fare la spesa una volta ogni due settimane, il che significa pesi ingenti e, per l'appunto, la divina punizione del karma.

Primo passo. Il karma vuole punirmi per quella volta che non ho strappato il manifesto di Forza Nuova a viale Ippocrate, per quella volta che non ho sputato agli sbarbatelli che cantavano vicino alla Casina Favolosa (cioè, ti prego) "sei fantastica come la svastica". Per quella volta che non ho sputato a quello che al Circolo diceva di essere orgoglioso di essere fascista.

Secondo passo. Oppure il karma vuole punirmi perché ho pensato di andare a disegnare un cazzo gigante sul manifesto che recita (testuale) "Grazie Alemanno e Aurigemma per l'apertura della metro B1", ma poi non l'ho fatto perché m'annoia scendere le scale.

Terzo passo. O forse il karma vuole punirmi perché è da quando ho traslocato che dico che da domani si cambia musica e vado a comprare i cestini colorati e facciamo la differenziata perché così non si può andare avanti e poi fanno le discariche a villa Adriana per colpa nostra, ma ancora di cestini colorati nemmeno l'ombra.

Quarto passo. Oppure sarà... sì, dev'essere per quella volta che ho preso il bus quattro volte di fila con lo stesso biglietto (da 1,50 €, mortacci loro) perché quando arrivavo a Termini a fare l'abbonamento e consegnare le pratiche all'Atac una volta c'era troppa fila, l'altra mi ero dimenticata il documento, l'altra ancora mi ero dimenticata cosa ci facevo a Termini (e a Roma e sulla Terra in generale).

Quinto passo. O non può essere che sia per quando ho cercato di fregare la barista della Casina Favolosa nascondendo lo scontrino per prendere a sgrascio la seconda Ceres?

Sesto passo. No, dev'essere per tutti gli aperitivi da Trombetta passati, presenti e futuri, per i vodkamartini bevuti e accusati e per quelli bevuti e finiti nel cesso, per le risate senza motivo e le corse sul tetto di lettere, per le chiacchierate con gli sconosciuti col favore dell'alcool.

Settimo passo. Dev'essere perché un giorno sono arrivata a Roma e il giorno dopo ho pensato di andarmene, sputando - metaforicamente, s'intende - su tutte le magnifiche persone che avrei incontrato, sui momenti che non sapevo che avrei vissuto, sulle risate che avrei condiviso e sui progetti a cui avrei accennato, pur non credendoci davvero.

Ottavo passo. Dev'essere perché ora che so ogni cosa rischio di dovermene andare, e so già quanto mi potrebbe fare male.

Nono passo. Oppure dev'essere perché quando arrivo a questo punto dopo mi viene un groppo in gola e non vado avanti più, e faccio il decimo, l'undicesimo, il dodicesimo passo ma il groppo non si scioglie. Che sia questa la vera punizione del mio karma?
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